La moda di Karoline Vitto, come ci racconta in questa intervista, combatte l’ossessione della società per i canoni di bellezza, quella malsana volontà di dirci quale corpo dobbiamo avere e quale immagine dobbiamo dare di noi stessi.
Non sentendosi a proprio agio nei canoni che le sono stati imposti, la designer ha dato vita ad una decostruzione degli ideali più classici grazie anche alla (ri)scoperta dei propri dettagli di vera bellezza. Per questo il corpo/manichino diventa il materiale, la tela su cui dipingere capi avvolgenti e morbidi che mostrano con fierezza quel rotolino che ci fa sentire a disagio. Così, la catarsi: mostrarsi con le proprie insicurezze e fiere dei “difetti”, distruggendo le barriere del convenzionale al quale siamo abituati e che non ci rispecchiano.
La sua terra natia, il Brasile, ha sempre guardato con un certo fascino all’estetica eurocentrica e come accade troppo spesso anche qui in Italia, molte donne l’hanno presa come unico riferimento. Ma Karoline Vitto - che ha vissuto in Italia qualche mese prima di fondare l’omonimo brand in Inghilterra - attenta a cosa accade in passerella, troppo spesso si è trovata nei panni di osservare senza poter vedere se stessa lì sulla passerella. Lei stessa è stata ossessionata da un particolare stereotipo. Di fatto mancava qualcosa e così ha deciso di colmare quel vuoto con il suo lavoro creativo. Il risultato è stato un manifesto moda della bellezza del corpo femminile, in ogni sua linea e curva, sottolineato ancor di più da quel filo sottile d’acciaio che va ad abbracciare - e non a stringere - il fianco, la pancia, il seno, le spalle o qualsiasi parte del corpo di una donna. Uno schiaffo alla moda che cerca solo modelle di taglia 36, reso possibile grazie a un lavoro sublimo eseguito anche durante il casting: nessuna restrizione di taglia, personalità forte e camminata decisa. L’obiettivo? Portare delle donne vere che sono sicure di sé e fiere delle loro curve.
“Ho provato un corsetto e ho capito che volevo combattere l'ossessione per i canoni di bellezza”
Karoline Vitto

Come nasce Karoline Vitto?
“Ho conseguito un BA in Fashion Design in Brasile e ho deciso di trasferirmi a Londra per seguire una formazione più specializzata, dove sono stata ammessa al Graduate Diploma in Fashion della Central Saint Martins. Questo corso mi ha permesso di accedere al mio processo creativo a un nuovo livello e dopo la laurea sono stata ammessa al Master del Royal College of Art (RCA), dove ho studiato moda femminile. Poi mi sono trasferita per un periodo in Italia. La mia collezione di laurea e la ricerca che ho prodotto al RCA sono stati i punti di partenza del mio marchio. Quando la pandemia ha colpito nel 2020, ho avuto la fortuna di avere accesso a uno spazio studio dove ho potuto lavorare per diversi mesi e sviluppare quella che sarebbe diventata la mia prima collezione venduta attraverso il mio sito web nel 2021”.
La tua moda è decisamente inclusiva e non nasconde il corpo, ma interagisce. Era questo l’obiettivo?
“L’obiettivo è dimostrare che le persone dovrebbero essere libere di vestire qualsiasi cosa si sentano di indossare e che non dovrebbero esistere alcun tipo di corpo ideale. Siamo tutti diversi e il nostro abbigliamento dovrebbe riflettere questa diversità”.
Qual è il vostro manifesto?
“Crediamo nell’accentuazione delle curve e nella celebrazione delle ‘pieghe’, e che ogni inquadratura debba essere un buon angolo. Consideriamo il corpo come un’inesauribile fonte d’ispirazione e lo coinvolgiamo nel processo di progettazione sin dall’inizio”.
Ideale di bellezza: a che punto siamo?
“Mi piacerebbe dire che non esiste più un ideale di bellezza, ma sono consapevole che non è così. Credo però che ci stiamo evolvendo verso un approccio al design più inclusivo e che un cambiamento positivo sia in imminente. Tuttavia, per ogni movimento c’è un contro-movimento, e dobbiamo rimanere sempre vigili per non lasciare che i media e l’industria in generale spingano verso programmi di esclusione”.
Il contesto culturale condiziona il rapporto che abbiamo con il nostro corpo?
“Certo, il contesto culturale in cui ci troviamo condiziona ogni relazione e processo di pensiero che abbiamo, non è diverso per i nostri corpi”.
Cosa si dovrebbe insegnare alle nuove generazioni per farle crescere libere dai preconcetti di bellezza che hanno dominato le società dell’800 e ‘900?
“Il riferimento e la rappresentazione sono fondamentali. Più diventiamo inclusivi come società, più le nuove generazioni vedranno la diversità come la norma”.
Mi ha particolarmente colpito l’interazione tra il corpo e i fili d’acciaio, che cosa hai voluto comunicare?
“Ogni persona percepisce il mio lavoro in modo diverso. Ho scelto dei fili d’acciaio perché è un materiale leggero ma resistente, e si posiziona intorno a determinate aree abbellendole o incorniciandole, senza stringerle o pressarle. Il corpo non si sente intrappolato o schiacciato, e non è quello che volevo ottenere con il mio lavoro. Non credo che le persone debbano sentirsi intrappolate dai loro vestiti, al contrario. L’idea è quella di inquadrare alcune parti del corpo che ci hanno sempre detto di nascondere. Volevo mostrare quanto potessero essere belle queste zone e mostrare la pelle in modo da dimostrare che siamo troppo critici verso il nostro stesso corpo. Può essere una dichiarazione di sé, una vera scoperta”.
Hai mai provato a modificare o nascondere il tuo corpo?
“Sì, ho usato dei waist trainer - un corsetto - in passato, quando vivevo in Brasile, per curiosità. E questo ha aperto un portale nel mio cervello, perché la carne si muoveva su e giù e, improvvisamente, c’era bisogno di un reggiseno speciale e di una biancheria intima altrettanto specifica da abbinare, per appianare le linee. Mi ha incuriosito l’ossessione della società per l’appianamento di tutte le curve, le pieghe e i rigonfiamenti, e volevo sfidarla. Perché non potremmo fare il contrario? Liberarci da questa costante ricerca di una silhouette senza cuciture e abbracciare tutte le curve, le linee e i volumi che già esistono nel nostro corpo? È da qui che è partito il mio lavoro”.
Gallery
View all photos from the last fashion show